Serie di blog collegati fra loro - vedi sulla sinistra - che mostrano e raccontano qualcosa di tutto quello che vado conoscendo viaggiando per il Perù dove ho deciso di vivere. E dedico questi miei blog a José María Arguedas.

mercoledì 5 novembre 2014

QUALCHE MIA PAROLA


Mi sono recato da queste parti una sola volta, ma senza essermi documentato com'è mia caratteristica fare prima d'andare a visitare il luogo scelto. Della città di Pucallpa mi sono rimaste in mente solo due cose: al domandare perché il porto fluviale non avesse un buon molo, mi fu risposto che quando c'è la stagione delle piogge il fiume Ucayali s'alza abbastanza e il porto si sposta; e la sua gastronomia che non avevo mai provato prima! Questa volta non viaggiavo solo, ma in compagnia d'un amico di Lima nato fra le Ande settentrionali. E così racconterò usando il plurale.
Yarinacocha, un gran lago dello stesso fiume Ucayali, è la zona in cui gli abitanti di Pucallpa vanno a trascorrere il fine settimana; ma non è niente di speciale. Più in là rimane la comunità di indios shipibo più vicina alla città: si chiama San Francisco. Promossa anche dal Ministero del Turismo, a San Francisco è dove ho visto tante belle bambine di questa razza. Ed essendo padre di due maschietti avrei gradito tanto avere una bella figliola come una di quelle. Il destino ha poi voluto che il mio amico incontrasse un prete colombiano con cui conversare... e finire nella comunità meticcia di San Antonio a tre ore di distanza usando una semplice e piccola imbarcazione a motore! Lì abbiamo dormito, da soli, dentro una casa di legno presso la parrocchia. C'accompagnò una tarantola. Il giorno successivo entrammo in contatto con più persone della comunità che ci parlarono di come vivono in difficoltà (quotidianamente mangiano pesce fritto pescato di notte, e banane bollite o fritte accompagnate dal riso in bianco), ma con serenità tranne i non pochi uomini che cadono nell'alcolismo. E con una certa timidezza ci hanno parlato anche dei tantissimi grandi alberi che vengono abbattuti da un commercio clandestino e mafioso. Raggiunti dal prete colombiano, questi c'ha portato un po' in giro in barca per il fiume Ucayali e alla comunità Santa Elena dove c'è stato offerto da bere il loro liquore piú tipico (il masato) fatto usando la manioca. Ma alquanto sorprendente è stato quello d'ascoltare le parole che ha detto il prete stesso parlando sugli indios. M'ha dato la sensazione che si sentisse ancora un po' colpevole di tutti gli errori che fecero los curas españoles (i preti spagnoli) secoli fa.
Prima di lasciare San Antonio e rientrare a Pucallpa, il mio amico ed io ci siamo compromessi di aiutare gli alunni organizzando per loro lezioni di rinforzo.
Ritornati a Pucallpa abbiamo chiesto in giro se più in là di San Francisco, ma non troppo lontano, ci fossero altre comunità di indios. Abbiamo poi preso un tassì fino ad un incrocio alcuni chilometri fuori dalla città, camminato verso la casa che c'avevano descritto, e arrivare davanti al lago Cashibococha giusto il momento in cui un uomo - forse un insegnante - lasciava la canoa arrivando dalla comunità d'indios Shipibo di Santa Teresita. Siamo saliti sulla canoa ed abbiamo iniziato a remare per attraversare il non piccolo lago. E senza che nessuno ci aspettasse siamo arrivati dall'altra parte sorprendendo un po' tutti gli shipibo di quella comunità. La cosa più sorprendente? Una signora già diventata nonna ebbe il padre italiano! Quando suo babbo morì vennero fino qua i suoi nonni paterni per portarsela via, ma la mamma si oppose. E la signora shipibo-italiana si distingue da tutti gli altri per il colore della sua pelle. Ed anche agli alunni di questa comunità fu promesso l'aiuto della nostra associazione. 
Mai prima avevo remato per navigare su una canoa originale. E neppure il mio amico nato sulle Ande che, della foresta, s'è molto innamorato! 
Ultima: a Pucallpa ho cenato benissimo mangiando, diciamo per fare un paragone purché non sia molto corretto, la carne del cinghiale della foresta amazzonica. E alcuni pallini della cartuccia erano ancora dentro.

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